Infiammazione cellulare: il nostro killer segreto
Il killer segreto dentro di noi: così la rivista Time ha definito l’infiammazione cellulare, a cui ha dedicato la copertina e un servizio approfondito nel febbraio del 2004. I contenuti di quel servizio valgono anche a distanza di tempo. Anzi, possiamo dire che quel killer diventa sempre più minaccioso, anche se la maggior parte della gente non ne è consapevole.
L’infiammazione cellulare, infatti, è un’infiammazione fredda e silente, in cui non avvertiamo alcun sintomo (the secret killer), a differenza dell’infiammazione classica, calda e dolente, che avvertiamo quando, ad esempio, ci facciamo male o ci stiriamo un muscolo.
Spesso ce la trasciniamo per anni, senza accorgercene, finché il danno che provoca alle cellule è tale da generare malattie come diabete, cardiopatie, cancro e Alzheimer. Malattie a parte, uno stato di infiammazione cellulare sostenuto per lungo tempo è causa dell’invecchiamento cellulare precoce e ci fa ingrassare.
La funzione originaria dell’infiammazione cellulare
Eppure, nella nostra storia evolutiva l’infiammazione cellulare è un fenomeno positivo. È la prima forma di difesa delle nostre cellule nei confronti di aggressioni esterne da parte di microbi o di molecole tossiche. Senza la produzione dei mediatori dell’infiammazione cellulare, per esempio, non avremmo difese immunitarie. Il punto è che l’infiammazione cellulare deve funzionare quando serve, altrimenti può diventare un problema quando la produzione dei mediatori dell’infiammazione si mantiene alta e per tanto tempo. Quando ciò accade l’effetto di questi stessi mediatori, molto potenti, ricade sulle nostre cellule, danneggiandole lentamente e inesorabilmente fino a provocarne la morte.
Come funziona l’infiammazione cellulare
Per capire meglio la funzione dell’infiammazione cellulare, immaginiamo che in ognuna delle nostre cellule ci sia un bruciatore acceso. La fiamma di questo bruciatore deve restare al minimo, quanto basta per rendere efficiente il sistema di difesa cellulare. Ogni volta che nelle cellule si presenta un’aggressione esterna (microbi, o molecole dannose per la cellula) è come se la fiamma di questo bruciatore si alzasse. Inizia quindi la fase pro-infiammatoria, fase molto aggressiva innescata da geni normalmente silenti, dove la cellula inizia a produrre potenti molecole dette citochine infiammatorie che hanno il compito di bloccare e neutralizzare l’agente patogeno. Una volta che l’aggressione è stata neutralizzata, ha inizio la fase antinfiammatoria, innescata da altri tipi di geni silenti che determinano la produzione di altri mediatori “resolvine” ad azione antinfiammatoria. È come se questi “mediatori resolvine” riportassero nella cellula la fiamma del bruciatore di nuovo al minimo.
La nostra condizione di benessere ottimale sta proprio nel saper bilanciare queste due fasi dell’infiammazione, quella pro-infiammatoria quando serve e antinfiammatoria per tutto il resto del tempo. Quando perdiamo questo equilibrio, producendo tante molecole pro infiammatorie, andiamo verso una lenta e costante ascesa delle malattie croniche e verso un invecchiamento cellulare precoce.
Cosa determina l’infiammazione cellulare?
Non esiste un’unica causa, ma possiamo dire che l’infiammazione cellulare è direttamente proporzionale alla qualità del nostro stile di vita e, in particolare, alla qualità del cibo che mangiamo. Il cibo, infatti, fornisce molecole alle nostre cellule, che, a seconda dei casi, possono agire con un effetto pro-infiammatorio o anti-infiammatorio.
I cambiamenti subiti dalla dieta occidentale negli ultimi cinquant’anni, con il notevole consumo di cibo trattato a livello industriale e la riduzione nel consumo di prodotti naturali, ha contribuito ad alterare questo delicato equilibrio, che si è spostato in modo cronico verso la produzione di mediatori pro infiammatori. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: aumento dell’obesità anche in età giovanile, aumento delle malattie croniche degenerative come diabete, cardiopatie, accelerazione dell’invecchiamento cellulare e soprattutto cerebrale.
Come possiamo intervenire con l’alimentazione per riequilibrare modulare questo delicato equilibrio?
Nel nostro cibo ci sono molecole che, una volta assimilate, agiscono con azione infiammatoria o antinfiammatoria. Cerchiamo di identificarne alcune.
Hanno azione PRO INFIAMMATORIA i grassi trans idrogenati
Questi sono grassi vegetali di pessima qualità presenti allo stato liquido che sono sottoposti a trattamento di idrogenazione, per essere trasformati allo stato solido (ne è un esempio la margarina).
Bisognerebbe limitare, se non eliminare del tutto, dalla nostra alimentazione quei prodotti industriali che riportano nella lista degli ingredienti la dicitura “grassi vegetali parzialmente idrogenati”.
Possono avere azione INFIAMMATORIA gli Omega 6 (grassi vegetali polinsaturi)
Gli Omega 6 sono grassi vegetali polinsaturi che si trovano negli oli di semi, come olio di girasole o di mais, utilizzati per la cottura dei cibi industriali. Sono anche presenti in molti semi a guscio come arachidi, pistacchi, mandorle, noci e nei cereali. Per gli Omega 6 bisogna fare una distinzione: quantità limitate hanno proprietà antinfiammatorie. Quindi se ci limitiamo a mangiare un po’ di semi oleosi come pistacchi, mandorle o noci durante uno spuntino non ci sono problemi. Possono diventare sfavorevoli per la nostra salute e contribuire ad aumentare l’infiammazione cellulare ne facciamo un uso eccessivo.
Hanno azione ANTINFIAMMATORIA gli Omega 3 (grassi vegetali polinsaturi)
Gli Omega 3 sono grassi con un potente effetto antinfiammatorio. Sono come l’olio del motore: lubrificano le membrane delle nostre cellule facendole funzionare meglio. Questi si trovano nei cibi naturali, in particolare nei pesci di acque fredde come il salmone, ma anche nello sgombro e nei nostri mari soprattutto nelle sardine e nel pesce azzurro, che, a differenza dei pesci di grossa taglia non hanno il rischio di prendere metalli pesanti. I pesci si nutrono di plancton che è particolarmente ricco di Omega 3. Oltre ai pesci altre fonti di Omega 3 sono i semi di lino e le noci.
Di Omega 3 dovrebbero abbondare nella nostra alimentazione, come, d’altro canto, bisognerebbe cercare di controllare il consumo di Omega 6.
Per il nostro benessere e per mantenere uno stato di salute ottimale è importante avere un rapporto tra Omega 6 e Omega 3 pari a 4:1. Attualmente nella popolazione italiana questo rapporto è di 13:1 il che vuol dire una maggiore produzione di eicosanoidi cattivi che alimentano la nostra infiammazione cellulare.
Quale è la strategia per mantenere il rapporto corretto tra Omega 6 e Omega 3 e stare bene?
Questo è uno dei temi del Food Strategy Seminar.
Scopri come funziona questo percorso di allenamento alimentare.