L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Il coraggio è questo.
Giovanni Falcone
Ci sono situazioni nella nostra vita, spesso equivocate, che nascono da una nostra paura. Ti faccio qualche esempio:
La paura di parlare in pubblico è una delle paure più frequenti. Ma è la stessa che ci fa tacere, per paura di essere giudicati, quando ci troviamo in un piccolo gruppo dove vorremmo dire la nostra.
C’è poi la paura di prendere una decisione importante, che impedisce al manager di una azienda di decidere per il bene dell’azienda.
Ci sono paure che portano gli atleti al blocco della loro performance: la paura di perdere e sentirsi giudicati dai parenti e dal pubblico, oppure la paura di vincere e sentirsi dopo una vittoria incapaci di sostenere pressioni derivanti dall’essere sotto l’occhio dei riflettori. Ed infine ci sono le nostre paure quotidiane con le quali tutti ci muoviamo: il non fare certe scelte per paura di provare troppo dolore, il non delegare ad altri per paura di perdere il controllo, non interrompere una relazione finita da anni per la paura di restare soli, la paura del giudizio degli altri, o di fare qualcosa di cui poi vergognarsi.
In tutte queste sue varie forme la struttura ridondante della paura che si ripete è sempre la stessa:
1 C’è una situazione percepita come potenzialmente pericolosa.
2 questo crea uno stato di allerta.
3 Lo stato di allerta genera l’ansia, che non è che la risposta neurofisiologica della paura: il cuore che batte forte, il respiro che diventa affannoso, inizia la sudorazione.
Queste risposte fanno aumentare la nostra soglia di allerta, ovvero l’ansia.
L’ansia è una risposta sana, in quanto serve a mobilitare le nostre risorse interne per mettere in discussione ciò che facciamo, ed il modo in cui lo facciamo. Finché non troviamo la risposta adeguata che ci mette in azione.
Quando invece l’ansia e la paura vanno oltre una certa soglia, la paura allora si trasforma in un limite.
Ci rende la vita più difficile e condiziona le nostre scelte fino a bloccarci:
Bloccherà il manager nel prendere una decisione importante per la sua azienda, come blocca l’atleta nel compiere una determinata performance.
E quando va ancora oltre, può diventare un disturbo importante come gli attacchi di panico.
Dove nasce la paura
Ti sei mai chiesto dove nasce la paura? Oggi grazie alle tecniche di neuroimaging attraverso le quali possiamo mappare le aree del cervello, siamo in grado di capire cosa accade del nostro cervello durante una paura.
In pratica è come se nel nostro cervello si attivano 2 circuiti nervosi. Te lo spiego con un esempio:
Quando percepisco qualcosa che mi spaventa, non importa se questo mi arriva dall’esterno perchè una persona che mi vuole aggredire, o se proviene da un dolore interno allo stomaco che mi fa pensare che sto morendo per una emorragia.
In entrambi i casi si attiva una reazione nervosa, autonoma e rapidissima, in quella zona del cervello conosciuta come la mente antica o paleo encefalo.
Questa reazione fa partire in millesimi di secondo l’emozione paura, insieme alle reazioni del nostro organismo che ci fanno sentire come se dovessimo combattere o fuggire:
il battito cardiaco che si accelera per pompare più sangue, la respirazione che aumenta fino a diventare affanno, la testa che ci gira al punto che sembra che scoppi da un momento all’altro.
Nel frattempo mentre questa sana, naturale e primitiva reazione si attiva, parte un altro stimolo nervoso verso la neocorteccia, quella parte del cervello conosciuta come la mente moderna o telencefalo (neocorteccia), sede del nostro pensiero logico, razionale e cosciente.
Questo secondo stimolo è molto più lento rispetto al primo, ma è solo quando questo stimolo arriva alla mente moderna che noi prendiamo coscienza delle risposte fisiologiche del nostro organismo (ansia), attivate dal precedente stimolo dalla mente antica.
La mente moderna si spaventa così tanto di queste reazioni evocate dalla mente antica che cercherà di reprimere come può.
Lo farà con i mezzi che ha a sua disposizione: il pensiero logico e la forza della ragione.
Lo farà in 3 modi: 1 Controllare razionalmente le reazioni ansiogene provenienti da quel sano istinto naturale della mente antica, 2 chiederà aiuto a terze persone per essere rassicurati, oppure peggio ancora, 3 farà di tutto per evitare a priori quelle situazioni che ritiene possano ricreare le stesse sensazioni di disagio e di ansia.
Non sapendo che saranno tutte risposte fallimentari, perché la mente moderna non può vincere sulla mente antica, e la paura così facendo ritornerà sempre più forte complicandoci in questo caso la vita.
Come vincere le paure
La paura è l’emozione più importante, perché viene prima e dopo di tutto, e può manifestarsi in tantissime forme.
Eppure per la nostra cultura è un nemico da sedare con un farmaco, o da ingabbiare, dimenticando che se la si impara a guardarla in faccia, può diventare la più grande nostra alleata.
La paura è la nostra tigre interiore. Ma non possiamo pensare di addomesticare una tigre ingabbiandola, o cercando di metterla dentro un sacco.
Possiamo imparare a cavalcarla, a patto di creare con lei prima un rapporto costruttivo di amicizia. Per fare questo prima dobbiamo imparare ad accettare le nostre paure, quindi assecondarle ed infine cavalcarle.
E’ un lavoro da fare su noi stessi dove non ci sono indicazioni standard, tuttavia ci sono alcune modalità che gli psicologi esperti in scienze delle performance, ci suggeriscono sul come rapportarsi con le proprie paure.
In particolare di fronte a situazioni della nostra vita che ci incutono ansia o paura, ci sono tre comportamenti o modi di reagire che è il caso di non fare in quanto amplificano ancora di più le nostre paure:
- Il primo comportamento fallimentare che non funziona di fronte una paura, è il tentativo di evitare tutte le situazioni che ci possono ricreare quella paura già sperimentata in precedenza.
Evitare le situazioni potenzialmente paurose, anche se apparentemente sembra che possano funzionare, perché se io evito ciò che mi spaventa mi fa sentire salvo, in realtà non fa che confermare a noi stessi che quella paura noi non siamo in grado di gestirla.
E questo ci rende ancora più incapaci, perché la volta dopo nella stessa situazione avrò ancora più paura, ed ancora di più la volta successiva e via dicendo.
- Il secondo comportamento fallimentare messo in atto di fronte una paura che non funziona, è la richiesta di aiuto all’amico di turno, per essere aiutato da lui a superare un momento critico.
In realtà il chiedere sempre l’aiuto di una persona ci farà dipendere dagli altri, e si rimane sempre con le nostre paure. Quando sei con l’amico parli delle tue paure ma non le affronti.
- Il terzo comportamento fallimentare che non funziona di fronte una paura, è pensare di controllare la tua paura con la volontà e la forza della ragione.
Per esempio ti imponi di non pensarci, non sapendo che, pensare di non pensarci, è già pensare alla paura.
Quando dici a te stesso: “devo stare calmo, devo stare calmo, devo stare calmo” paradossalmente l’ansia si amplifica.
Peggio ancora in questo caso, sono le tecniche del pensiero positivo sulla forza di volontà, consigliati dai guru e motivatori di turno:
Prova a dire a te stesso di fronte a una situazione che ti fa paura: “Ce faccio, voglio farlo, ce la metto tutta” e guarda cosa succede.
Di solito funziona al contrario.
Non solo non rimuovi la paura ma questa si alimenta, perché rende ancora più consapevole la tua incapacità.
Insomma sforzarsi di non pensare, o di pensare positivo non funziona e prima o poi, la paura ti ritorna sempre.
Questi tre modi di reagire non sono efficaci nel gestire le nostre paure per il semplice fatto che fanno uso della parte razionale della nostra mente, la mente moderna, quella del telencefalo.
Mentre invece la paura è una emozione che nasce nella mente antica, quella del paleo encefalo. Pertanto se vogliamo imparare a gestire le nostre paure è con la mente antica che dobbiamo interagire, quella dove hanno sede le nostre emozioni usando strategie di approccio che vanno al di là dell’uso della mente razionale.
La migliore strategia
Una strategia ad oggi considerata come una “best practice” nel trattamento delle paure patologiche come le fobie e gli attacchi di panico, è quella studiata da Giorgio Nardone conosciuta come “la peggiore fantasia”, utilizzata dagli psicologi esperti nel problem solving strategico.
E’ un tecnica che segue il principio di un antico stratagemma della tradizione orientale cinese: “se vuoi spegnere un fuoco, aggiungi altra legna”.
Può sembrare un paradosso, ma se io voglio spegnere un fuoco rapidamente, anziché cercare di togliere legna dal fuoco devo aggiungere altra legna, per condurre il fuoco a soffocare per mancanza di ossigeno.
Allo stesso modo anziché cercare di reprimere la paura, posso imparare ad aumentarla volontariamente, fino ad esasperarla e portarla alla sua saturazione. In questo modo la paura collassa su sé stessa, e si infrange con tutti i suoi eccessi.
E’ una sorta di allenamento alla paura dove bisogna essere seguiti da professionisti esperti, specie quando abbiamo a che fare con paure fortemente invalidanti.
Ogni giorno per un tempo programmato, ci si esercita con la mente ad evocare la mia paura, pensando alle peggiori fantasie che potrebbero accadere, alimentandola fino alla saturazione.
Finito questo tempo programmato non ci penso più per tutto il giorno.
Via via che si acquisisce questa capacità di gestire una paura non reprimendola, ma alimentandola fino alla saturazione, dopo un po’ ti accorgi che la paura non ha più la stessa forza di prima, nel tempo l’effetto che avrai con la tua paura tenderà ad azzerarsi.
Sarà come evocare un fantasma, toccarlo e poi farlo svanire: prima evochi il fantasma della tua paura, poi la tocchi esasperandola, finché non svanisce. E così sarà tutte le volte.
Trasformare paure in coraggio: come allenarsi
La cosa importante da capire è che l’arte di superare una paura muove dal principio di saper creare una paura ancora più grande che inibisca la paura in corso, e per questo si è in grado di affrontarla.
Quindi quando io mi trovo ad affrontare una situazione difficile, che mi crea ansia e mi spaventa, anziché evitarla, o cercare di non pensarci, oppure dire a me stesso: “ce la faccio, ce la faccio, ce la faccio” (pensiero positivo), cosa che di solito funziona al contrario, posso provare volontariamente ad esasperare questa mia paura, pensando a una paura più grande.
l’esercizio che io faccio è il seguente:
Prima penso alla mia paura, quindi provo a domandarmi: cosa mi potrebbe succedere se non faccio quella cosa? In che stato mi ritroverei dopo, come sarà dopo la mia situazione se non affronto questa azione?
E così via, visualizzando lo scenario peggiore per me.
Facendo in questo modo la mente libera le sue risorse e mi possono venire in mente le azioni più piccole che posso cominciare a fare fin da subito, per esorcizzare questa mia paura ed agire.
Certo bisogna allenarsi, ma con questo esercizio spesso le nostre paure si possono ridimensionare fino svanire. E’ come evocare un fantasma (la tua paura), che prima evochi e poi la tocchi (esasperandola), finchè non svanisce.
Ed infine dobbiamo anche accettare che non tutto può essere sotto il nostro controllo. Un terremoto è al di fuori del nostro controllo, e come tale dobbiamo accettare il fatto che non possiamo intervenire in maniera diretta. Piuttosto ci possiamo concentrare solo sulle migliori soluzioni possibili che possono minimizzare una situazione a rischio.
Come vedi la paura può essere ciò che ci rende migliori o peggiori, dipende da come sappiamo gestirla. Sicuramente mai eliminata, ma affrontata, guardata in faccia e trasformata in coraggio.
Durante un’intervista a Giovanni Falcone gli fu chiesto se aveva paura. Lui rispose: L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura per non farsi condizionare dalla stessa.
Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.